Inaugurazione delle cappelle laterali nella vecchia chiesa
Pubblichiamo di seguito il testo letto durante la S.Messa vespertina delle ore 17.00 e il discorso pronunciato da Gianfranco Dalle Pezze nel corso della cerimonia di inaugurazione delle due cappelle laterali nella Chiesuolina. All'evento, oltre a una rappresentanza della Fondazione Just Italia, ente che ha finanziato l'intero costo delle opere di restauro, erano presenti anche la Sig.a Daniela Campagnola (responsabile del recupero artistico delle due cappelle) e le sue collaboratrici.
La vecchia chiesa di Stallavena, detta la "Cesiola", è stata costruita probabilmente nella prima metà del 1700 ad opera di alcune famiglie del paese e completamente restaurata nel 1956. Al suo interno fa bella mostra di sè l'altare maggiore realizzato nel 1736 con marmi locali. Nella navata sono presenti due cappelle laterali dedicate alla Beata Vergine e a San Luigi. Dietro l'altare si possono ammirare le tele dedicate alla SS.Trinità, alla Madonna con il Bambino e a San Carlo Borromeo.
La chiesuolina, dedicata a Santo Stefano Protomartire, dopo un secolo di rettoria, divenne nel 1947 chiesa parrocchiale. Nel 1971, a seguito dell'apertura alla comunità di una nuova chiesa più grande in grado di soddisfare il notevole sviluppo demografico del paese, la chiesuolina fu abbandonata. Ma dopo un quarantennio, per comune volontà dei fedeli, maturò il progetto di restauro affinchè l'antico edificio sacro rimanesse eredità preziosa e testimonianza viva per il cammino di fede delle nuove generazioni, ancora luogo sacro di preghiera e di incontro con il Signore per le comunità di Stallavena e della vallata. Grazie al generoso contributo della popolazione, di aziende, di enti pubblici e privati, l'8 dicembre 2009 la chiesuolina fu restituita al culto nel corso di una solenne celebrazione. Recentemente è stato completato anche il recupero delle due cappelle laterali dedicate alla Beata Vergine e a San Luigi: un intervento pregevole che le ha riportate alla loro originaria bellezza e che segna oltretutto la definitiva realizzazione del vasto programma di manutenzione interna della chiesuolina
Nell'accostarci alla celebrazione eucarestica vogliamo allora elevare con gioia una preghiera di lode e di ringraziamento a Dio e anche a quanti hanno reso possibile questo impegnativo restauro, tra cui la Fondazione Just Italia che ha interamente finanziato il recupero delle due cappelle laterali. La VergineMaria, sublime modello delle famiglie cristiane, ci protegga e ci benedica affinchè ognuno di noi sappia vivere la fede con coscienza e responsabilità, accompagnandoci anche nella "Missione Famiglie" che la nostra comunità sta progettando. San Luigi, eroico apostolo della carità, renda i nostri giovani liberi da ogni mondana schiavitù, li aiuti a liberarsi da ogni sentimento di egoismo e di violenza, salvandoli dal potere del maligno.
Con questa inaugurazione festeggiamo il recupero e il restauro della nostra storia: gli interventi di recupero e restauro presuppongono sempre la conoscenza profonda dell’oggetto sul quale si interviene. Nella conoscenza profonda non si considerano soltanto il profilo materico, storico o semplicemente tecnico, ma anche il profilo umano e antropologico. Nel nostro caso questo aspetto acquista una valenza particolarmente significativa, di cui, quale responsabile dell’intervento, ho sentito tutta l’importanza.
Infatti la nostra “chiesolina”, che ora chiamiamo così con tenerezza e affetto, fino a circa quarant’ anni fa era la chiesa parrocchiale. Con la costruzione della nuova, realizzata per le necessità a suo tempo avvertite, è stata lasciata a se stessa senza precisa destinazione, se non casuale magazzino o spazio per la “pesca”, le sagre… Ciò nonostante chi l’ha utilizzata ha saputo rispettare e salvaguardare questo bene di tutti.
Ora cerchiamo di capire i valori e la storia che stanno dentro queste mura: la nostra chiesolina non è antica ma relativamente recente, ha circa 280 anni: 10 generazioni…
Il presbiterio, prima dell’attuale configurazione, costituiva probabilmente una cappella vera e propria, la “Giesola” poi divenuta “Ciesola”. La troviamo citata nei documenti della visita pastorale del vescovo Luigi Lippomano nel 1553, intitolata a S. Fabiano e a S. Sebastiano, i santi protettori contro la peste. Ciò fa pensare che fosse sorta precedentemente quale supplica dei fedeli per essere risparmiati dalla pestilenza, che aveva colpito l’Europa “dal 1331 al 1337: la peste nera”, quando perirono dal 30 al 60 per cento delle popolazioni.
In questo periodo, siamo a metà del 1500, la questione sanitaria è drammatica. Nel 1576 infatti ecco scoppiare la peste a Milano dove è vescovo S. Carlo Borromeo, di cui parleremo più avanti. I governanti spagnoli abbandonano Milano per luoghi più salubri, vi rimane solo il vescovo “unico refrigerio in quella Milano appestata”.
Dopo 50 anni, nel 1630 scoppia di nuovo la peste a Milano (quella dei “Promessi Sposi”) più devastante della precedente.
Anche a Stallavena c’è la peste, in questo stesso anno un suo abitante Pietro Simeoni lascia alla “Ciesola” la somma di 10 ducati, pari a circa 15000 Euro, mentre due fratelli Lorenzo Battista e Antoni Lorenzi, che hanno i loro campi vicini, donano alla chiesa il terreno per costruire il cimitero per dare onorata sepoltura alle decine di morti dovute alla peste di quei terrificanti anni, a condizione che il comune costruisca un muro di recinzione alto 5 piedi e mezzo (circa 2 m). Essi chiedono anche che i loro campi siano risparmiati quando al tempo della sagra molte persone “alla detta chiesa concorrono”.
Il primitivo nucleo della chiesolina ha visto dunque con la comunità dei fedeli vicende tristi e dolorosissime.
Nel 1657, 27 anni dopo la peste di Milano, durante una visita pastorale la “Ciesola” viene indicata come “oratorium publicum sancti Stephani, sive sanctissimae Trinitatis” pubblico oratorio dedicato a S. Stefano ma anche alla SS. Trinità.
Circa 75 anni dopo, nel 1732-33 hanno inizio i lavori dell’attuale chiesa. L’altare maggiore porta inciso l’anno 1736. Siamo in un periodo storico di relativa tranquillità, dopo tante guerre consumate in Italia ed in Europa.
In questa epoca Stallavena ha poche case alla Chiesuola e in Centro paese, conta dalle 100 alle 150 persone. Le strade bianche corrono ai margini della valle in parte costeggiano il Progno, sono percorribili a piedi o da carri trainati dai buoi. In questo tempo andare a Verona è il viaggio di nozze più ambito. Si vive di agricoltura con pochi, semplici attrezzi ma soprattutto con la forza delle braccia.
Come abbiamo sentito la “Ciesola”, alla quale “molte persone vi accorreva”, è una piccola chiesetta, da ciò l’esigenza di una chiesa più grande: l’attuale, che nasce con presbiterio, aula e cappelle, come ci è stata tramandata fino ad ora.
Dopo quanto descritto vediamo alcune interessanti correlazioni.
Nell’area presbiterale troviamo tre tele: La “Trinità” di autore ignoto al centro, ai lati “S. Carlo Borromeo” e la “Madonna con bambino”, realizzate da Francesco Lorenzi, 1723-1787, allievo del grande pittore Giambattista Tiepolo. Risulta evidente il legame della “Trinità” con l’oratorio del 1657: “oratorium publicum sancti Stephani, sive sanctissimae Trinitatis” pubblico oratorio dedicato a S. Stefano ma anche alla SS. Trinità. Quindi con questa tela si è voluto dare continuità nel conservare la dedicazione della nostra chiesa, oltre che a S. Stefano anche alla SS. Trinità.
Anche la tela dedicata a “S. Carlo Borromeo”, il vescovo della peste di Milano, manifesta la devozione ad un santo, che si è speso per salvare le persone dal male del tempo e ricorda il motivo per cui è stata eretta la prima “Ciesola”.
La tela della “Madonna con bambino” esprime la devozione alla Madonna molto sentita dalla gente, infatti un quadro della Madonna è presente in ogni chiesa. La nostra oltre a questa tela comprende, nella volta del soffitto, un affresco dell’annunciazione con Maria in dolce attesa, rara rappresentazione della Madonna e l’arcangelo Gabriele, portati al loro splendore nel recente restauro. Quanto è emerso nel recupero pittorico è frutto di ricerche stratigrafiche propedeutiche agli interventi, la memoria storica ancora viva in molti di noi e una accurata ricerca e verifica in sito hanno rivelato l’esistenza, in forma spesso ben conservata, di ciò che ora possiamo vedere e ammirare.
Nell’aula della chiesa si affacciano le due cappelle, oggetto del restauro inaugurato il 5 Luglio.
Si tratta a sinistra della cappella dedicata alla Madonna, nella quale torna a far bella figura di sé la magnifica statua lignea anch’essa recentemente restaurata, e la cappella a destra dedicata a S. Luigi Gonzaga, canonizzato nel 1726 da papa Benedetto XIII per l’eroicità evangelica nell’esercizio delle virtù e proclamato dallo stesso protettore degli studenti nel 1729, riconosciuto e indicato ad esempio di tutta la gioventù.
La costruzione della chiesolina nel 1732-33 ha fatto proprie queste devozioni, perpetuandole nelle sue cappelle. Da allora i nostri nonni e molti di noi hanno pregato in questa chiesa e in essa hanno ricevuto i sacramenti. Da qui la particolare cura e attenzione poste nell’esecuzione del restauro, eseguito nel rispetto e nel recupero più fedele possibile alla nostra storia e quale atto di affettuoso rispetto nei confronti dei nostri avi, che certamente con fatica e amore hanno realizzato ciò di cui ora godiamo e che fa parte integrante della vita e della fede della nostra comunità.
In merito all’intervento odierno, la cappella di S. Luigi si presentava in stato di grave degrado anche a causa di infiltrazioni d’acqua, meglio conservata quella della Madonna, pur priva del bell’altare in legno a suo tempo presente, sul quale generazioni di spose hanno posato il loro prezioso bouquet di fiori in omaggio alla Vergine Maria, per invocare sul loro amore nel segno del matrimonio la sua materna protezione.
Le indagini stratigrafiche davano chiara indicazione di quanto era stato ricoperto con tinteggiature precedenti: decorazioni di fine e delicata fattezza per cui si è sentito l’obbligo di procedere al recupero su ambedue le cappelle. L’edicola dell’altare di S. Luigi in legno era pure stata ricoperta da una tinteggiatura impropria, si è provveduto quindi al recupero di quella originaria. La cappella della Madonna era priva dell’altare originario, è stata pertanto realizzata una mensola provvisoria in attesa di rifare tal quale l’altare precedente in legno tinto, come completamento di un lavoro svolto con rigore storico ed estrema attenzione tecnico-artistica. (I progetti sono fatti…ci auguriamo che arrivino velocemente i generosi finanziamenti).
Con quest’ultimo intervento l’interno della nostra “chiesolina” può intendersi ultimato. Infine, quale arredo, mancano i candelabri sulle paraste dell’aula e delle cappelle. L’impianto di illuminazione si completa con questi. (Anche per questo ci sono i progetti fatti…).
Tutti dobbiamo considerare la “Chiesolina” il gioiello della nostra comunità e quindi sentirci coinvolti nella sua cura, perché in essa sono custodite le radici della nostra fede e la parte migliore della nostra civiltà. Grazie.
Non chiedetemi se
Ho scelto questo titolo per l'articolo, perché è la domanda che mi sento spesso rivolgere e cioè: "Vuoi diventare prete?". E' la domanda più ovvia e banale che mi sento rivolgere da quando faccio parte della comunità dei ragazzi ed adolescenti del seminario vescovile di Verona, dove sto frequentando la scuola media inferiore. Qualcuno prova a chiedermi qualcosa di più complicato, ma vorrei rispondere subito alla domanda, perché quasi tutti quelli che mi fanno questa domanda, sono un po' disorientati quando sentono la mia risposta.
Il messaggio che vorrei far passare a voi che state leggendo è che il seminario non è il luogo dove ti fanno sacerdote, ma un luogo, una comunità, dove vivono e crescono ragazzi che si sentono amici di Gesù. E quando scrivo "si sentono amici di Gesù" devo proprio ammettere che questo sentimento prevale su tutti gli altri, più della fraternità, dell'amicizia, delle buone intenzioni, del divertimento, della spensieratezza, dell'onestà. Sentirsi profondamente amici di Gesù è la cosa che meglio descrive l'obiettivo dell'esperienza al seminario: non c'è definizione meglio azzeccata. Un'esperienza che bisogna davvero provare nel proprio cammino di crescita, anche se io devo ancora crescere tanto, ma di cui sono orgoglioso assieme alla mia famiglia ogni giorno non solo di quelli che passo in seminario, ma anche quando sono a casa.
Il seminario si divide in due comunità: seminario minore e seminario maggiore. Il primo, che frequento io, comprende le scuole medie e le superiori ed è fondamentalmente il luogo ed il tempo in cui cercare di scoprire la propria vocazione. Essa è, per chi non lo sa, la volontà del Signore sul futuro di ogni persona, cioè di sposarsi ed avere una famiglia possibilmente con dei figli o diventare invece sacerdoti o religiosi. Se invece un giovane ha già deciso per la via del sacerdozio, il seminario maggiore è il luogo adatto a questo.
Vediamo un po' più nel dettaglio. In seminario ci sono ovviamente gli educatori, come in qualsiasi istituzione che si occupa di formazione e crescita. Le figure più importanti sono il vicerettore, che è come una "mamma" o un "papà" che ti assiste se stai male, se non hai finito i compiti. C'è poi il padre spirituale che ti aiuta nella preghiera e a restare "collegato" con Gesù. In più ci sono gli assistenti che ti stanno sempre vicino: ti svegliano al mattino, sono presenti in studio e ti aiutano nelle faccende più pratiche, fino a rimboccarti le coperte a tarda sera. Ci sono inoltre gli assistenti di quarta teologia, che non sono altro che degli studenti seminaristi che provengono dal seminario maggiore, a differenza degli altri che sono già sacerdoti. La giornata tipica del seminario comincia con la sveglia delle 7. Ognuno si fa il proprio letto e ci si prepara per la preghiera delle 7.20, seguita dalla colazione. Alle 8 in punto tutti a scuola. Nell'ambito scolastico l'unico sacerdote è l'insegnante di religione, che nel mio caso è proprio il vicerettore, mentre tutti gli altri sono professori laici, che hanno la loro famiglia e la loro vita privata al di fuori del seminario.
Si ritorna nella struttura del seminario all'una in punto per il pranzo e poi fino alle 15 ci si sfoga giocando a calcio con la pancia ancora piena. Dalle 15 alle 16 trascorriamo la prima ora di studio nell'aula preposta proprio a questo. Segue poi un'altra ora di ricreazione, mentre dalle 17 alle 18 ci concentriamo un'altra ora sullo studio cercando di finire i compiti entro quell'ora. Dalle 18 alle 18.30 c'è tempo per prepararsi la cartella e fare la preghiera personale e subito dopo la messa quotidiana. Alle 19.30 c'è la cena ed ancora un momento ricreativo. Alle 21 abbiamo la preghiera della sera e poi si cerca di andare a dormire, a meno che qualcuno non sia riuscito a finire tutti i compiti e sia costretto a riparare proprio a tarda sera.
Come potete immaginare si arriva a tarda sera belli stanchi perché la scaletta e gli impegni sono tanti, ma una cosa che apprezzo più che mai è che non butto un sacco di tempo, come farei invece molto probabilmente se fossi a casa e dovessi organizzarmi il pomeriggio per fare i compiti. Non avere un sacco di distrazioni ci aiuta non poco ed a sentire i miei genitori ho l'impressione di crescere più o meno come hanno fatto loro, cioè senza troppa tivù, i telefoni ed il tablet, Facebook ed i messaggini.
Non è che in seminario ci siano vietate queste cose, ma siamo invitati a dare a questi strumenti la giusta importanza per quello servono tutti i giorni. Servono per sentire qualche volta i nostri genitori ed i nostri fratelli a casa, servono per cercare sul web interessanti informazioni e notizie per le nostre ricerche, ma non servono ad attrarre tutte le proprie attenzioni, come invece mi capita di vedere anche con tanti adulti, compresi tanti genitori.
Essere amico di Gesù lo posso essere anche con Twitter, ma volete mettere insegnare al mio compagno a suonare con la chitarra l'accordo di "barré" facendolo uno di fronte all'altro?
Un'esperienza fantastica
L’ultima settimana di giugno sono andato a fare un camposcuola a Boscochiesanuova, dai Padri Silvestrelli.
E’ stata una settimana mitica! Non sapevo che avrei fatto questa esperienza infatti i miei genitori hanno aspettato a dirmelo fino a giugno , anche se mi avevano iscritto già a fine marzo per farmi trovare posto.
Quando l’ho saputo, ero un po’ perplesso se andare o no, ma dopo ho deciso, ho fatto le valigie e dal 22 al 28 giugno ho passato questa settimana alla Casa di Nazareth.
Appena arrivato ho portato le valigie in camera, ho fatto il letto e sono sceso in salone per fare insieme agli altri ragazzi e a Don Gianmaria le squadre per i tornei di calcio e di pallavolo. Ogni squadra aveva il nome di una squadra calcistica: c’erano 8 squadre di 11/12 ragazzi ciascuna, quindi si fa presto a capire che eravamo in tanti.
La settimana è passata molto velocemente e abbiamo fatto un sacco di attività diverse e piacevoli. Ogni giorno giocavamo alternandoci a pallavolo, a calcio nei campi a 5 e a 7, a ping-pong e a calcetto nella sala da gioco. C’era però anche il tempo per la riflessione con Don Diego, dopo aver visto spezzoni di film o aver ascoltato racconti di sue esperienze, per la preghiera, al mattino e alla sera, e per la partecipazione alla S. Messa.
Il mercoledì abbiamo fatto una giornata di “deserto”, nella quale abbiamo pregato di più, ci siamo impegnati a stare di più in silenzio per avvicinarci meglio a Gesù.
Il giovedì siamo andati in gita: abbiamo visitato la Chiesa della Madonna delle Grazie a Riva del Garda, le cascate del Varone, il museo della guerra a Rovereto e la campana dei caduti (Maria Dolens). È stata una giornata meravigliosa!
Per finire non mi resta che dire che ho mangiato molto bene e ho conosciuto e fatto amicizia con molti ragazzi. È stata una bella esperienza che consiglio a tutti i ragazzi della mia età.
gioia!
Un percorso insieme
Siamo una coppia di giovani sposi e vi vogliamo raccontare la nostra breve esperienza di vita insieme.
Ci siamo conosciuti, come tanti, grazie ad amici comuni e dopo un fidanzamento durato quattro anni, ci siamo sposati.
La scelta del matrimonio cristiano è stata per noi una tappa “ovvia”. “Ovvia” perché? Perché abbiamo vissuto percorsi simili all’interno delle nostre famiglie di origine e perché il matrimonio è per noi avere lo stesso orizzonte anche con occhi diversi, ma soprattutto è scegliersi OGNI giorno per tutta la vita. Seppur con le stesse motivazioni, potevamo scegliere la convivenza, ma non ci abbiamo pensato neppure un attimo perché volevamo che il nostro Amore fosse benedetto da Dio e che la nostra famiglia si potesse costruire su basi solide; per noi è sempre stato importante sapere di poter contare su “Qualcuno lassù” che ci accompagni per tutta la vita, soprattutto nei momenti di difficoltà.
Nel nostro percorso di vita insieme, infatti, abbiamo incontrato tante gioie ma anche dolori molto forti davanti ai quali sarebbe stato molto più facile perdere la Fede. Invece, abbiamo capito che le difficoltà si devono affrontare insieme, con pazienza e con l’aiuto di Dio.
In fin dei conti, ci possiamo ritenere fortunati ad avere un gruppo di persone, che frequentiamo, che condivide con noi gli stessi valori e ci siamo sostenuti a vicenda in questa splendida avventura.
Ma non è sempre stato facile perché quello che per noi era normale, per tante persone non è poi così “normale”. Molti nostri coetanei, infatti, considerano il matrimonio una cosa che appartiene al passato, dal momento che oggi esistono tante altre forme molto più “sponsorizzate” dalla società comune. In molti ci chiedevano se non fosse stato più opportuno convivere per conoscerci meglio: sarebbe stato così più semplice dividere le nostre strade nel caso in cui la nostra storia non avesse funzionato. E’ proprio per questo che abbiamo scelto il matrimonio!
E’ vero, il matrimonio è una scelta di vita che ti porta ad avere molte responsabilità tra le quali “il non poter tornare indietro”, ma come si sa, le cose più difficili sono quelle che ti danno più soddisfazione e felicità vera. Per questo vogliamo dire a tutti i fidanzati: coraggio, il matrimonio è una scelta meravigliosa da vivere con gioia!
In cammino verso la route nazionale: noi ci saremo!
Dall'1 all'11 Agosto i ragazzi scouts del Clan "X+2" del gruppo scout Valpantena 1 di Grezzana, insieme al Clan "Rosa dei Venti" di San Martino Buon Albergo, parteciperanno all'evento della Route Nazionale Agesci.
La Route nazionale, è la “strada” che i Rover e le Scolte dell’Agesci (Associazione guide e scouts cattolici italiani) percorreranno tutti insieme nell’estate 2014. Circa 33.000 giovani dai 16 ai 21 anni, ragazzi e ragazze provenienti da quasi 1.500 differenti gruppi locali delle 20 regioni italiane, cammineranno a piedi, con lo zaino in spalla, sulle strade di coraggio d’Italia, per poi ritrovarsi a san Rossore (PI) dove parteciperà anche Papa Francesco per vivere un momento di preghiera con i ragazzi.
Percorreranno insieme strade in montagne, città e villaggi. Incontreranno e conosceranno le tante realtà dell’Italia e della storia del nostro Paese e le storie di coraggio che i territori raccontano.
Sarà questo il terzo incontro nazionale delle migliaia di giovani Rover e Scolte dell’Agesci dal 1976; saranno inoltre ospiti dell’evento, anche 200 giovani stranieri provenienti dai Paesi europei, arabi e africani.
Dall'1 al 5 Agosto ospiteremo due Clan provenienti da Milano e da Messina e faremo conoscere loro il nostro territorio in un percorso itinerante lungo i sentieri della Lessinia, per poi spostarci tutto insieme a San Rossore.
Il coraggio è il tema sostanziale di questo evento: la sua tela di fondo.
Un argomento, questo, divenuto caldo nella cultura e nel linguaggio sociale, politico e religioso di questi ultimi mesi, ma elemento che caratterizza il metodo scout da oltre cento anni. Lo scautismo, infatti, fonda tutta la sua coraggiosa azione educativa sul protagonismo e l’implicazione dei giovani nella loro crescita e nella crescita e sviluppo della società.
Il Clan X+2 è composto da ragazzi provenienti da tutti i paesi della vicaria di Grezzana ed, insieme al Clan Rosa dei Venti di San Martino Buon Albergo, si sono impegnati scegliendo di affrontare la strada di coraggio dell' "Essere Cittadini". E' proprio questa strada che ha portato i nostri ragazzi ad affrontare il tema del riciclaggio e del rispetto per l'ambiente in un lavoro da loro intitolato "Io mi rifiuto".
Il giorno 20 giugno i clan dei due gruppi scout hanno tenuto una conferenza con i rappresentanti delle amministrazioni comunali dei comuni di Grezzana e San Martino Buon Albergo.
L’obiettivo della serata è stato rendere consapevoli gli ospiti delle ricerche compiute sul territorio in materia di riciclaggio dei rifiuti presso la cittadinanza e, allo stesso tempo, proporre quella che si prospettava come la strada da intraprendere per una più efficiente raccolta differenziata e un maggiore rispetto ambientale, a differenza della soluzione inutile e dannosa dell’inceneritore di Ca’ del Bue. Ospiti dell’incontro sono stati i sigg. V. Avesani, sindaco di San Martino Buon Albergo, M. Gaspari, assessore all’ecologia dello stesso comune, e G. Ferrari, assessore all’ecologia di Grezzana.
Durante la Route, alla luce di questa esperienza e del cammino di preparazione già in atto, verrà redatta una Carta del Coraggio.
L’impegno dei Rover e delle Scolte sarà al servizio del futuro del nostro Paese per “lasciarlo migliore di come lo hanno trovato”, come invita il fondatore dello scautismo Lord Baden Powell nel suo ultimo messaggi.
Per chi volesse conoscere meglio la realtà della Route Nazionale ed il nostro percorso, può visitare i siti:
Route Nazionale
Strade di coraggio
Sito del gruppo Valpantena 1 di Grezzana