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Non chiedetemi se

Ho scelto questo titolo per l'articolo, perché è la domanda che mi sento spesso rivolgere e cioè: "Vuoi diventare prete?". E' la domanda più ovvia e banale che mi sento rivolgere da quando faccio parte della comunità dei ragazzi ed adolescenti del seminario vescovile di Verona, dove sto frequentando la scuola media inferiore. Qualcuno prova a chiedermi qualcosa di più complicato, ma vorrei rispondere subito alla domanda, perché quasi tutti quelli che mi fanno questa domanda, sono un po' disorientati quando sentono la mia risposta.
Il messaggio che vorrei far passare a voi che state leggendo è che il seminario non è il luogo dove ti fanno sacerdote, ma un luogo, una comunità, dove vivono e crescono ragazzi che si sentono amici di Gesù. E quando scrivo "si sentono amici di Gesù" devo proprio ammettere che questo sentimento prevale su tutti gli altri, più della fraternità, dell'amicizia, delle buone intenzioni, del divertimento, della spensieratezza, dell'onestà. Sentirsi profondamente amici di Gesù è la cosa che meglio descrive l'obiettivo dell'esperienza al seminario: non c'è definizione meglio azzeccata. Un'esperienza che bisogna davvero provare nel proprio cammino di crescita, anche se io devo ancora crescere tanto, ma di cui sono orgoglioso assieme alla mia famiglia ogni giorno non solo di quelli che passo in seminario, ma anche quando sono a casa.
Il seminario si divide in due comunità: seminario minore e seminario maggiore. Il primo, che frequento io, comprende le scuole medie e le superiori ed è fondamentalmente il luogo ed il tempo in cui cercare di scoprire la propria vocazione. Essa è, per chi non lo sa, la volontà del Signore sul futuro di ogni persona, cioè di sposarsi ed avere una famiglia possibilmente con dei figli o diventare invece sacerdoti o religiosi. Se invece un giovane ha già deciso per la via del sacerdozio, il seminario maggiore è il luogo adatto a questo.
Vediamo un po' più nel dettaglio. In seminario ci sono ovviamente gli educatori, come in qualsiasi istituzione che si occupa di formazione e crescita. Le figure più importanti sono il vicerettore, che è come una "mamma" o un "papà" che ti assiste se stai male, se non hai finito i compiti. C'è poi il padre spirituale che ti aiuta nella preghiera e a restare "collegato" con Gesù. In più ci sono gli assistenti che ti stanno sempre vicino: ti svegliano al mattino, sono presenti in studio e ti aiutano nelle faccende più pratiche, fino a rimboccarti le coperte a tarda sera. Ci sono inoltre gli assistenti di quarta teologia, che non sono altro che degli studenti seminaristi che provengono dal seminario maggiore, a differenza degli altri che sono già sacerdoti. La giornata tipica del seminario comincia con la sveglia delle 7. Ognuno si fa il proprio letto e ci si prepara per la preghiera delle 7.20, seguita dalla colazione. Alle 8 in punto tutti a scuola. Nell'ambito scolastico l'unico sacerdote è l'insegnante di religione, che nel mio caso è proprio il vicerettore, mentre tutti gli altri sono professori laici, che hanno la loro famiglia e la loro vita privata al di fuori del seminario.
Si ritorna nella struttura del seminario all'una in punto per il pranzo e poi fino alle 15 ci si sfoga giocando a calcio con la pancia ancora piena. Dalle 15 alle 16 trascorriamo la prima ora di studio nell'aula preposta proprio a questo. Segue poi un'altra ora di ricreazione, mentre dalle 17 alle 18 ci concentriamo un'altra ora sullo studio cercando di finire i compiti entro quell'ora. Dalle 18 alle 18.30 c'è tempo per prepararsi la cartella e fare la preghiera personale e subito dopo la messa quotidiana. Alle 19.30 c'è la cena ed ancora un momento ricreativo. Alle 21 abbiamo la preghiera della sera e poi si cerca di andare a dormire, a meno che qualcuno non sia riuscito a finire tutti i compiti e sia costretto a riparare proprio a tarda sera.
Come potete immaginare si arriva a tarda sera belli stanchi perché la scaletta e gli impegni sono tanti, ma una cosa che apprezzo più che mai è che non butto un sacco di tempo, come farei invece molto probabilmente se fossi a casa e dovessi organizzarmi il pomeriggio per fare i compiti. Non avere un sacco di distrazioni ci aiuta non poco ed a sentire i miei genitori ho l'impressione di crescere più o meno come hanno fatto loro, cioè senza troppa tivù, i telefoni ed il tablet, Facebook ed i messaggini.
Non è che in seminario ci siano vietate queste cose, ma siamo invitati a dare a questi strumenti la giusta importanza per quello servono tutti i giorni. Servono per sentire qualche volta i nostri genitori ed i nostri fratelli a casa, servono per cercare sul web interessanti informazioni e notizie per le nostre ricerche, ma non servono ad attrarre tutte le proprie attenzioni, come invece mi capita di vedere anche con tanti adulti, compresi tanti genitori.
Essere amico di Gesù lo posso essere anche con Twitter, ma volete mettere insegnare al mio compagno a suonare con la chitarra l'accordo di "barré" facendolo uno di fronte all'altro?