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Siria, così la guerra cancella un paese

Da sei mesi 18 mila siriani sono intrappolati senza cibo e medicine, divorandosi l’erba e persino i topi per sopravvivere.
Yarmouk, chiamato anche “il campo di concentramento del terzo millennio”, è completamente rasa al suolo, ed esplodono con regolarità i mortai delle milizie.
Questa è l’ultima tragedia palestinese tra i sostenitori di Bashar Assad, le milizie del Fronte popolare di Ahmed Jibril, e i gruppi ribelli jihadisti: Yarmouk è chiamato campo profughi ma è una vera città, fondata alla fine degli anni 50 dove vivevano fino tre anni fa 200 mila siriani.
Una folla di siriani con gli occhi bassi e i volti emaciati sono usciti ultimamente dall’assedio per ricevere i primi aiuti dell’ Unrwa, l’agenzia dell’Onu.
Tuttavia questo è stato soltanto un gesto vano di speranza poiché da Yarmouk non entra ne’ esce più nessuno (comunicano i capi dei ribelli). Inoltre ad aggravare la situazione sono i dati: il 75% della popolazione vive in povertà, il 50% è in miseria, il 20% è letteralmente alla fame.
E’ una guerra che si traduce in aiuti economici e militari: 240 milioni di euro sono stati versati dai russi a Damasco.
La guerra è un business impietoso sulla pelle dei siriani.
Infatti fanno affari contrabbandieri, ufficiali del regime e tutti coloro che con il fucile in pugno impongono la propria legge e i loro prezzi sull’importazione di beni (grano, farina, medicine).
I ribelli incassano si dice, mezzo milione di dollari al giorno.
Ma davanti alla porta di Yarmouk la guerra siriana non fa calcoli, solo vittime.
Quanti moriranno ancora a causa della guerra e per la fame?